Se sono una “cicloturista” in erba lo devo a loro: ai Bicipedi!
Li ho conosciuti a ottobre 2018 quando i miei amici Veronica e Joern, con i loro figli di 2 e 5 anni, hanno deciso di venirmi a trovare e i tedeschi, si sa, sono sportivi e volevano fare un giro in bici dalle mie parti: panico!
Io non avevo una bici e non avevo la minima idea di dove reperirne 4, ma soprattuto non avrei saputo dove andare. Ed ecco che, per caso, conosco Giovanni Prezioso che, deus ex machina, mi racconta del suo progetto e dell’escursione prevista per la domenica successiva a Terre di Traiano: perfetto! Solo un piccolo problema: 30 km tra andata e ritorno… una follia per me che non tocco la bici da anni! Ma non ho altra scelta. Io mi procuro le bici per gli ospiti, Giovanni procura la bici per me: la mia è troppo obsoleta! Le mie ansie si dissolvono, Giovanni e gli altri Bicipedi si prendono cura di me e dei miei ospiti durante tutto il percorso, mi incoraggiano, mi sostengono, mi tranquillizzano sulle salite, in una parola: mi coccolano!
La prima cosa che mi ha insegnato Giovanni, è che se c’è una salita troppo faticosa, basta scendere dalla bicicletta e andare a piedi. E’ una cosa semplice, quasi banale, ma io non ci avevo mai pensato. E’ un modo, come un altro, di affrontare una difficoltà, ognuno la supera a modo suo, con le proprie forze, l’ho imparato poi, andando in bici e conoscendo diversi cicloviaggiatori. Così è nata la mia curiosità per la bicicletta, visto che… “buona la prima!” ho voluto partecipare alla seconda escursione: Trani, Località Boccadoro. Una pacchia l’andata, una fatica al ritorno, ma loro erano sempre lì dietro di me ad incoraggiarmi e così anche questa è andata.
E dopo questa seconda esperienza… il salto
Incontro una ragazza, una cicloviaggiatrice, in procinto di partire per un lungo viaggio e , quasi per scherzo, le chiedo di potermi aggregare a lei nella prima tranche del suo viaggio. Avevo delle
lunghe vacanze pasquali, la situazione mi sembrava ideale, si trattava di un’esperienza che da sola non avrei avuto forse il coraggio di fare, ma in compagnia sì! Mi incuriosiva questo nuovo modo di vedere e vivere il mondo, per me che amo viaggiare, da sola e in compagnia, e che sono sempre in cerca di nuove emozioni e di sfide da superare. Mi sembrava una bella scommessa, un scommessa che, però, dato il mio scarso allenamento, avrei sicuramente perso, ma tant’è, ne valeva comunque la pena! Così compro una bici 20 giorni prima della partenza. Esco ad allenarmi 2 sole volte: la prima arrivo a Trinitapoli, la seconda a Giovinazzo, con ritorno. Per il resto vado a lavoro in bici: questo il mio unico training e tutti i miei amici mi sconsigliano di partire. Preparazione bagagli: ho a disposizione 2 borse, nessun problema, sono abituata al bagaglio a mano, so ridurre al minimo, ma si può essere sempre più essenziali. Nelle borse, che chiedo in prestito (come il resto dell’ attrezzatura: non me la sentivo di fare un investimento visto che si trattava della mia prima esperienza e, con molta probabilità, anche dell’ultima) faccio entrare tutto il necessario: abbigliamento in caso di pioggia, 2 ricambi sportivi, 2 civili. Arriva il fatidico giorno. Si parte: destinazione Dubrovnik.
Carichiamo la bici in nave, la leghiamo con una corda ad una ringhiera, scarichiamo le borse e le portiamo con noi su. Imparo subito che nella vita del cicloviaggiatore molto tempo si dedica a questo: alla preparazione e custodia delle borse. Il bagaglio va smontato e rimontato ogni giorno. Diventa un rito: la roba, le borse, le corde, agganciarle nel modo giusto, in un precario equilibrio, che cambia ogni giorno. E anche la bici. Un po’come una lumaca che porta la sua casa con sé. La bici è tutto: è il mezzo di trasporto e la casa allo stesso tempo. Il primo giorno che sbarchiamo facciamo le turiste. Il secondo partiamo. La prima tappa prevista era di 52 km. Lasciamo la città salendo su un ponte, alto. Non so niente di dislivelli, non so come sarà la strada, mi hanno detto e ho visto che la costa delle Croazia è frastagliata, che ci sono molte curve, che da una parte c’è il mare e dall’altra la montagna, che è un po’ come andare sul Gargano o sulla costiera amalfitana. Tutto ciò mi ha messo un pò di timore, anche per questo non ci ho più guardato. Sono partita nella totale inconsapevolezza del percorso. La strada, come la vita, riserva sorprese belle e brutte. Il primo giorno è andato tutto secondo i piani, siamo in dirittura d’arrivo quando un’auto mi tocca il braccio con lo specchietto, solo un piccolo spavento, l’autista si ferma, è gentile, ma non mi fa male niente e si prosegue. Il secondo giorno, invece, sbagliamo strada, saliamo su una montagna e alle
7 di sera eravamo sperdute con i cellulari scarichi e 4 ore di salite sulle gambe. Eravamo quasi in preda alla disperazione quando udiamo il suono delle campane e dei cani abbaiare in lontananza:civiltà. Kuna, il paesino, e Mila, la signora che ci trova una sistemzaione per la notte e ci invita a cena a casa sua, ci scaldano la pancia e il cuore: questa sì che è Pasqua!
Il viaggio procede tra “uzbrno e nizbrno”, salite e discese, le uniche due parole in croato che impariamo, oltre a quelle di cortesia, beninteso. Paesaggi, mare, colori e strade sono mozzafiato. Ston, Kuna,Gradaz, Macarsca,Splalato, Sibenik. Sento che la sfida è superata, sono oltre la metà del mio viaggio e sono indenne e rilassata. Imparo anche a guardare i dislivelli su Googlemap, ma non mi dicono ancora niente! Il buon proposito è quello di fare un corso su “Tutto ciò che un cicloviaggiatore deve sapere prima di partire”, glielo dico sempre a Giovanni, di organizzarne uno! L’esperienza è fondamentale, ma qualche nozione non guasta! Due giorni dopo foro la ruota, ovviamente ho solo visto cambiarne una, un paio di volte, per fortuna incontriamo un cicloviaggiatore esperto che ci aiuta a cambiare la camera d’aria e si prosegue festeggiando con una birra. Il viaggio volge al termine.
Mi mancherà la vita gitana, i paesaggi che scorrono lenti sotto gli occhi, il vento, il rito della vestizione, le spese al supermercato e gli incontri per la strada. Si ritorna a casa, si spoglia labici e questa volta non si rimettono le borse, continua ad accompagnarmi a lavoro, tutti i giorni, in attesa del prossimo viaggio. E se tutto questo è accaduto lo devo a quei simpatici ragazzi dei Bicipedi, che con il loro entusiasmo e la loro pazienza mi hanno fatto appassionare alle due ruote.
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